1. Un bilancio, anche stilizzato, per fatti essenziali, dell’ultimo decennio nel campo dei servizi pubblici mostra, accanto al progredire delle liberalizzazioni per i servizi industriali aventi rilievo nazionale, il persistere delle riserve a livello locale e il ristagno degli investimenti nelle infrastrutture. Relativamente a questi ultimi, il ritardo che l’Italia, nel suo complesso, accusa è tornato a proporsi in tutta la sua gravità, in tutto il suo spessore. Esso non dipende soltanto dalla cronica scarsezza di capitali, acuita dalla crisi finanziaria ed economica che si è manifestata a partire dal 2008. Dipende, altresì, da una cornice giuridica inadeguata, perché insufficientemente stabile nel tempo e fonte di eccessivi oneri burocratici per le imprese. Rimuovere quegli oneri, attingere a nuovi capitali, promuovere interventi indispensabili per mettere il nostro Paese al passo con i principali partner europei: su ciò vi è consenso pressoché unanime nelle sedi istituzionali, oltre che in quelle scientifiche. Vi è dissenso, invece, circa il progredire delle liberalizzazioni non solo a livello nazionale, ma anche a livello locale. In sede economica, prevale l’opinione che le liberalizzazioni contribuirebbero ad attenuare la gravità del fondamentale problema di cui l’Italia del Duemila soffre, a un confronto internazionale, ossia un problema di crescita. Le ragioni della teoria giuridica restano – invece – irrimediabilmente divise fra vantaggi e svantaggi possibili. Essa ha dimostrato l’esistenza di pro e contra, non è riuscita a quantificarne la rispettiva rilevanza in modo risolutivo. Tutte le tesi sono state sostenute e contraddette, all’interno della cornice giuridica esistente, in numerosi incontri di studio e, sempre più spesso, davanti ai giudici nazionali e a quelli dell’Unione europea. Non ha molto senso, quindi, ricercare una linea mediana tra posizioni assai polarizzate, alle quali hanno non di rado fatto riferimento i decisori politici….

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