Rivista giuridica dei servizi pubblici 3/2019

Rivista giuridica dei servizi pubblici 3/2019



Autore rivista AA.VV.
ISSN 2240-4732
Prezzo rivista Italia € 100,00
Prezzo singola rivista (Italia)€ 30,00
Prezzo rivista estero€ 280,00
Link per scaricare la rivista: Munus-3-2019.pdf

Indice ita-eng Munus 3-2019


Abstract fascicolo 3/2019

Federico Caporale

Il coinvolgimento di operatori privati, nel settore dei servizi idrici, è un’opzione pressoché inevitabile, dati gli ingenti investimenti necessari per sostituire, rinnovare e manutenere gli impianti acquedottistici: per offrire un servizio idrico di qualità ai cittadini, è necessario abbandonare le ipostatizza­zioni (la gestione pubblica meno efficiente di quella privata; la gestione privata incompatibile con il diritto fondamentale all’acqua e con la natura essenziale della risorsa idrica) e risolvere gli snodi critici che ancora caratterizzano il rapporto pubblico-privato in questo settore. Le disfunzioni sono ancora numerose e l’attribuzione delle funzioni di regolazione all’Arera ha solo parzialmente migliorato la situazione: le disfunzioni dell’interazione tra pubblico e privato sono ricadute principalmente sugli utenti. Il legislatore italiano ha inteso il rapporto pubblico-privato nei servizi idrici come occasione per contenere la spesa pubblica e ridurre la sfera pubblica: invece, per funzionare, esso presuppone una ridistribuzione di funzioni all’in­terno delle amministrazioni. Non meno spese, ma altre spese. La sottrazione di compiti operativi e gestionali deve essere compensata da una regolazione chiara e controlli nuovi e più efficaci: queste due ultime funzioni sono necessarie per tutelare gli utenti e creare le condizioni per la concorrenza (almeno “per il mercato”); altrimenti, il rapporto pubblico-privato rischia di diventare un’occasione per rimpiazzare un monopolio pubblico con uno privato, a danno degli utenti (e, nel caso dei servizi idrici, anche dell’ambiente, data la natura particolare dell’acqua). Perciò, il rapporto pubblico-privato dovrebbe essere accompagnato da investimenti nel reclutamento e nella formazione del personale e nelle dotazioni tecniche delle amministrazioni. Tutto questo, però, nel caso del servizio idrico, non è avvenuto: anzi, le poche riforme organizzative sono state collegate all’esigenza opposta di ridurre la spesa pubblica. Questo approccio ‘dimezzato’ al rapporto pubblico-privato (cioè focalizzato solo sulla natura soggettiva del gestore e non sul sistema regolatorio e organizzativo) ha reso le riforme di questi anni non sempre efficaci. Per far funzionare il rapporto pubblico-privato (indispensabile, dati gli elevati investimenti di cui il settore ha bisogno) e, più in generale, per rendere efficace e omogenea sul territorio nazionale la prestazione di questo servizio fondamentale per la vita umana, è necessario ripensare questo approccio e stabi­lire regole e controlli efficaci che tutelino gli utenti, permettano loro di influire nei processi decisionali del settore e consentano alle imprese pubbliche e private di operare in maniera efficiente, obbligandole, al contempo, a investire nella manutenzione della rete.

Giorgio Mocavini

L’articolo esamina le caratteristiche principali del sistema tariffario idrico, prendendo in considerazione l’evoluzione delle competenze tariffarie e illustrando le diverse funzioni delle tariffe idriche. Si sofferma l’attenzione sulle componenti tariffarie destinate a garantire la sostenibilità economico-finanziaria del servizio idrico, dando conto dei mutamenti normativi intervenuti in materia e analizzando le delibere dell’Autorità di settore. Si descrivono, inoltre, i profili di inclusione sociale compresi nei modelli tariffari, attraverso la disamina delle più recenti regolamentazioni amministrative riguardanti il bonus sociale idrico e la disciplina in tema di morosità degli utenti. Successivamente, si esamina la normativa di tutela delle acque in prospettiva ambientale, tenendo conto delle componenti tariffarie previste a questo fine. Infine, si analizzano le possibili prospettive future di regolazione delle tariffe idriche.

Rocco Steffenoni

L’articolo esamina la progressiva assimilazione dell’illecito antitrust quale “grave illecito professionale”, e quindi astratta causa di esclusione, nell’ambito delle gare pubbliche. A tal fine, viene ripercorsa l’evoluzione sotto tre profili: non solo della giurisprudenza ma anche della normativa e delle relative pre­scrizioni di “soft law” (Anac, Agcm). In definitiva, l’analisi consente di osservare alcune delle peculiarità della ricostruzione dell’illecito antitrust nell’ambito del codice dei contratti pubblici (sia del 2006 sia del 2016) che dovrebbero indurre a riconsiderare – o comunque ribilanciare – la portata escludente dell’accerta­mento anticoncorrenziale, anche tenendo in considerazione i più recenti orien­tamenti eurounitari in tema di “ne bis in idem” e “nemo tenetur se detegere” da estendersi quindi anche all’ambito delle gare pubbliche e non solo ai proce­dimenti delle autorità indipendenti.

Cecilia Sereni Lucarelli

L’articolo si occupa dell’esclusione del concorrente dalla gara, con parti­colare riguardo al caso dell’esclusione dell’operatore economico non in regola con il fisco. Dopo alcune premesse sul c. 5 dell’art. 80 del codice dei contratti pub­blici nella versione attualmente vigente necessarie per dare atto delle continue modifiche normative e delle numerose incertezze interpretative, l’articolo si concentra sull’ipotesi della violazione tributaria, che a seconda della gravità può essere inquadrata nel c. 1 o nel c. 4, ferma la possibilità per la stazione appaltante di tenerne conto nel giudizio sull’affidabilità e integrità del concorrente. L’analisi è l’occasione per ragionare sulle prospettive in tema di esclusione e sulla necessità di attualizzare il principio di proporzionalità come canone di azione dell’amministrazione nella fase di scelta del contraente, per evitare esclu­sioni arbitrarie a fronte di illeciti professionali che in alcun modo possono avere un’incidenza effettiva sul rapporto fiduciario.

Pietro Zoli

L’elaborato analizza le caratteristiche delle infiltrazioni criminali all’inter­no degli appalti pubblici e propone misure concrete finalizzate a prevenire la descritta patologia. Le organizzazioni criminali oramai sono solite nasconder­si dietro negozi contrattuali di diritto privato ed adattare le proprie modalità d’intervento a seconda delle diverse fasi che compongono il ciclo d’appalto pubblico. La normativa vigente non pare offrire soluzioni adeguate alla persi­stente infiltrazione del crimine organizzato nell’economia legale nazionale. Il presente elaborato, dunque, si prefigge l’obiettivo di esplorare nuove prospet­tive, in particolare focalizzandosi sui temi che seguono: i principali compiti e poteri dell’Autorità Nazionale Anticorruzione; la funzione e le differenze tra le interdittive antimafia e le c.d. «white list»; le norme che regolano l’esecuzione degli appalti pubblici. Infine, il principale rimedio suggerito al fine di arginare il problema esaminato è identificato nell’introduzione di una giurisdizione unica in materia di appalti pubblici, in modo tale da prevenire l’infiltrazione crimi­nale sia nelle fasi che precedono sia in quelle che seguono la stipulazione degli appalti pubblici.

Nicola Posteraro

Lo scritto tratta il tema dell’accessibilità delle persone disabili agli edifici di interesse culturale. In particolare, nella prima parte del lavoro, si cerca di evidenziare quali siano i problemi pratici cui vanno incontro le persone con particolari necessità laddove vogliano partecipare alla vita culturale del Paese tramite accesso agli edifici in parola (e, dunque, si verifica quanto le norme sul superamento delle barriere architettoniche, sia per come sono scritte, sia per come sono concretamente applicate, riescano davvero a garantire l’inclusione della persona disabile nel contesto culturale della società). Nella seconda parte, invece, si constata come e se l’interesse al superamento delle barriere architettoniche possa concretamente trovare soddisfacimento nel caso in cui gli interventi astrattamente atti ad assicurarlo siano da effettuare su edifici vincolati (pubblici o privati) perché di interesse storico-artistico. Specificamente, anche attraverso lo studio del potere amministrativo esercitato dalle autorità amministrative deputate alla tutela del vincolo e delle norme che regolano, in entrambi i casi, l’apprestamento degli interventi per il superamento delle barriere architettoniche, si studia il rapporto sussistente tra i due interessi in oggetto (quello all’accessibilità, vantato dai singoli, e quello alla conservazione del bene culturale vincolato, vantato dall’amministrazione deputata a proteggerlo): lo scopo è quello di verificare se, tra di essi, esista una aprioristica incompatibilità e come le norme atte a comporli debbano essere interpretate nel momento in cui debbano essere applicate.

Luca Galli

L’apparato normativo disciplinante le attività extra-accademiche dei do­centi universitari appare, ad oggi, ancora privilegiare una dimensione di incompatibilità tra l’incarico pubblico e gli incarichi esterni all’università. Infatti, l’apertura verso una disciplina più elastica perseguita con l’introduzione dell’art. 53, d.lgs. n. 165/2001, fu seguita da un inasprimento del sistema sanzionato­rio operante in caso di mansioni extra-officio incompatibili o non autorizzate, disposto dalla l. n. 190/2012. La complessità di questo coacervo di sanzioni e responsabilità amministrative costituisce l’oggetto centrale della presente rifles­sione, diretta a portare alla luce le derive punitive caratterizzanti le più recenti disposizioni concernenti i dipendenti pubblici. Ciò che si vuole dimostrare è come questi indirizzi, per quanto volti a ottenere una maggiore efficienza e onestà nella pubblica amministrazione, rischiano spesso di introdurre meccanismi non pienamente razionali e capaci di generare conseguenze eccessive in capo ai singoli, portando al sacrificio di altri valori costituzionali.

Aldo Sandulli

Il Codice dei contratti pubblici è costantemente oggetto di trasformazione e modifica normativa, alla ricerca del modo migliore per dare attuazione alla disciplina europea, anche a causa del fatto che il legislatore nazionale non sempre ha tenuto adeguatamente conto delle tendenze emerse nella normativa e nella giurisprudenza euro-unitarie. Nel corso dell’ultimo anno, i decreti Sblocca cantieri e Semplificazioni, assieme ad altri provvedimenti, hanno ulteriormente modificato la disciplina di settore. L’emergenza epidemiologica ha aperto una nuova fase nella disciplina dei contratti pubblici, improntata alla deroga e all’accelerazione delle procedure di affidamento, ma sempre stando attenti al rinvenimento del giusto equilibrio tra esigenze di efficienza e di garanzia.

Giuseppe Piperata

C’è sempre stata nell’evoluzione del sistema amministrativo italiano la tendenza delle amministrazioni pubbliche a costituire organismi di varia natura ai quali affidare un ruolo ancillare nello svolgimento di specifici compiti verso l’esterno o anche azioni di supporto strumentale rivolto a proprio vantaggio. La dottrina ha chiamato questi enti organismi satellite e il fenomeno ha riguardato soprattutto l’amministrazione locale. Se prima vi era una certa libertà da parte degli enti locali nella costituzione di tali soggetti, ultimamente sono stati introdotti alcuni limiti da parte dell’ordinamento giuridico. Lo scritto si pone l’o­biettivo di segnalare le nuove coordinate organizzative dell’amministrazione satellite, individuate dal legislatore e dalla giurisprudenza e rivolte agli enti locali.

Jacopo Bercelli

Ad una prima lettura, il d.lgs n. 175 del 2016 appare una legge nella quale coesistono i due sistemi del diritto pubblico e del diritto privato, ma nel quale, in caso di contrasto, prevale in diritto privato. Questa lettura tuttavia non appare soddisfacente. In realtà questo testo normativo va letto alla luce dei principi dell’art. 97 Cost., considerati come prevalenti rispetto al rinvio al diritto priva­to. In questo senso sono numerose pronunce del giudice amministrativo e del giudice contabile.

Chiara Antonia d’Alessandro

L’incessante fenomeno della globalizzazione non ha mancato di coinvol­gere, tra i diversi settori della vita umana, anche quello del patrimonio culturale. Il sostanziale abbattimento dei confini e la costante connessione di ogni parte del mondo hanno immerso i beni culturali al centro di una rete di rapporti non più solo nazionali o internazionali, ma globali. Il contributo si propone di analizzare i molteplici effetti di questo fenomeno sulla categoria dei beni culturali. Infatti, la comprensione del rapporto tra globalizzazione e patrimonio culturale, così come la risoluzione di una serie di problemi correlati a questo fenomeno (accrescimento della domanda di cultura, aumento del traffico illecito di beni culturali, ecc…), che sono diventati più urgenti con la creazione di un “mercato globale”, hanno fatto capire al giurista, soprattutto comparatista, che la disciplina dei beni culturali contiene una tensione inevitabile tra il quadro nazionale e quello internazionale. Il contributo intende anche fornire un’ulteriore lettura del rapporto tra globalizzazione e patrimonio culturale, che si ritiene non possa essere trascurato: concepire il patrimonio culturale non più solo come vittima del fenomeno, ma anche come protagonista positivo del processo di globalizzazione, interpretando, altresì, quest’ultima, come dialogo tra comunità e abbattimento delle frontiere. In questo senso vengono inquadrate le due Convenzioni Unesco per la protezione del patrimonio culturale immateriale (2003) e la Convenzione sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali (2005).

 

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